Ogni tanto si può anche invertire il corso delle cose. E andare a letto più o meno all’orario in cui nel resto della settimana ci si alza. Ogni tanto si può anche restare alzati a discutere di punti di vista diversi e apparentemente inconciliabili, scegliendo come punto di partenza due citazioni antitetiche eppure ugualmente note. Ecco salire sul ring “Nessun uomo è un’isola” vs “Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera”.
Col passare dei quarti d’ora e con il cielo che diveniva via via più chiaro, ho scoperto che forse si sta soli sul cuor della terra di una penisola. Nessun uomo è un’isola. Siamo progettati, nostro malgrado, per avere contatti con gli altri. Il linguaggio si è sviluppato per l’incontrovertibile bisogno di comunicare; da qui un numero infinito di strutture e sovrastrutture sociali per tenerci in contatto gli uni con gli altri. E sul piano biologico non si trovano che conferme: l’impulso fisico a flirtare e accoppiarsi e riprodursi regola moltissime delle nostre azioni. Tuttavia, si è soli. Ciascuno di noi lo è, anche chi è convinto del contrario, chi è circondato dall’amore e dalle cure altrui. È solo. Mi spiego. Se io mi rompo una gamba, potrò ricevere mille amorevoli cure dai miei famigliari e amici. Ma il dolore lo sentirò io soltanto. Se vinco un premio, potrò condividerlo con tutti quelli che mi sono stati accanto nella strada per raggiungerlo. Ma la gioia più pura sarà mia soltanto. Le mie scelte, le mie rinunce, i miei sacrifici, le mie conquiste. Potrò progettarle con qualcuno o a volte per qualcuno. Ma riguardano la mia vita innanzitutto. Quando sono uscita dall’utero di mia madre, è stato reciso un legame e deciso un destino. E quando morirò, me ne andrò da sola. Ovvio, però, che – nel frattempo – sul cuor della terra ci saranno molti passi che lasceranno impronte più o meno profonde.
Col passare dei quarti d’ora e con il cielo che diveniva via via più chiaro, ho scoperto che forse si sta soli sul cuor della terra di una penisola. Nessun uomo è un’isola. Siamo progettati, nostro malgrado, per avere contatti con gli altri. Il linguaggio si è sviluppato per l’incontrovertibile bisogno di comunicare; da qui un numero infinito di strutture e sovrastrutture sociali per tenerci in contatto gli uni con gli altri. E sul piano biologico non si trovano che conferme: l’impulso fisico a flirtare e accoppiarsi e riprodursi regola moltissime delle nostre azioni. Tuttavia, si è soli. Ciascuno di noi lo è, anche chi è convinto del contrario, chi è circondato dall’amore e dalle cure altrui. È solo. Mi spiego. Se io mi rompo una gamba, potrò ricevere mille amorevoli cure dai miei famigliari e amici. Ma il dolore lo sentirò io soltanto. Se vinco un premio, potrò condividerlo con tutti quelli che mi sono stati accanto nella strada per raggiungerlo. Ma la gioia più pura sarà mia soltanto. Le mie scelte, le mie rinunce, i miei sacrifici, le mie conquiste. Potrò progettarle con qualcuno o a volte per qualcuno. Ma riguardano la mia vita innanzitutto. Quando sono uscita dall’utero di mia madre, è stato reciso un legame e deciso un destino. E quando morirò, me ne andrò da sola. Ovvio, però, che – nel frattempo – sul cuor della terra ci saranno molti passi che lasceranno impronte più o meno profonde.
Le solitudini imbarcatesi all'alba di questo discorso.
(c) Adele Meccariello 2010 All rights reserved.
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Per questo c'è gente che decide di fare il Kamikaze. Per non andare via da solo da questo posto...
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