sabato 17 aprile 2010

"Scusa, hai da accendere...?"

Che gli italiani siano dei pappagalli lo si sente dire dagli anni sessanta almeno, c’è anche un delizioso film in bianco e nero che celebra quest’arte italiana, con un superlativo quanto viscido Alberto Sordi.

Ma che gli italiani continuassero ad usare le stesse tecniche di abbordaggio più o meno dagli anni sessanta, non me l’aspettavo. Speravo in un minimo di aggiornamento del software; o quanto meno che questo software venisse aggiornato in meglio e non in peggio.

Non sono affatto una di quelle ragazze che vengono abbordate in continuazione, le supergnocche abituate a spazzar via gli uomini come fossero zanzare. Però mi capita di trovarmi in congiunture astrali per cui sembra che non ci siano altre donne al mondo e pertanto anche io divento “papabile”. E comunque bisogna tenere presente che è uno sport bello e buono. Essere pappagalli è un’arte che va esercitata costantemente. Quindi, se dovete allenarvi per una gara, non vi importa di correre su una pista in terriccio o sul vialetto scalcagnato di un parchetto di periferia.

Ho pensato più volte di averle sentite tutte…ad esempio, quando una domenica pomeriggio mi hanno fermato due ragazzi per chiedermi indicazioni per Via Della Marmotta, che naturalmente nella mia città non esiste. E spero neppure nella vostra.

E invece no, capita che io sia ad aspettare l’autobus la domenica delle palme (è sempre di domenica, direbbe qualcuno), con indosso le mie vistose cuffie, e una macchina si fermi, il pappagallo di turno mi chieda di togliermi le cuffie e mi faccia gli auguri di buona pasqua. Nella domenica delle palme. E aspettandosi chissà quale risposta.

O capita che nel giro di dieci minuti mi si chieda tre volte in prestito l’accendino, la scusa più vecchia del mondo (credo che all’età della pietra, gli ominidi chiedessero a gesti e grugniti “Scusa, hai una pietra focaia?”).

E l’altra sera capita di rientrare a casa, salire in ascensore assieme a un ragazzo e sentirmi dire – mentre faccio tintinnare le chiavi di casa nell’attesa di arrivare al piano – “Ma tu abiti qua? Non ti ho mai visto…”

“Beh, no, ho trovato queste chiavi per terra, ho provato tutte le serrature della città, a casaccio, finché non mi si è aperto, in piena notte, questo magico portone.”.

N.B. Ho meditato a lungo su quanto ciò che ho appena scritto fosse iscrivibile nel registro di “Chi se ne frega”…beh, molti blog lo sono, e certamente questa non è una buona scusa. Nonostante ciò, ritengo l’argomento di pubblica fruizione, perché chissà quante avranno subito almeno uno dei suddetti approcci, se non peggio. E a proposito di questo peggio, l’argomento si presta a successivi aggiornamenti frutto anche di sondaggi e interviste. Ché l’animo umano, nel bene e nel male, è senza fondo.

mercoledì 14 aprile 2010

Vari ed eventuali (Secs and de siti)


Carrie Bradshaw è la protagonista di Sex and the City, serie televisiva ambientata a New York e che – a dire il vero – parla molto più di sex che di City. Non sono una di quelli che conoscono tutte le puntate a memoria, intendiamoci. Però una volta Carrie viene invitata a un matrimonio. Il suo uomo, Mr. Big – quello belloccio, ricco, che la ama e abita in una casa così grande che puoi parcheggiare tutta casa mia nel suo sgabuzzino – la passa a prendere, e lei zompettando a piedi nudi verso le sue Manolo Blahnik gli dice: “Metti la tua firma sul biglietto per il regalo! Sai, è la prima volta che ricevo un invito per un matrimonio che non dica ‘Carrie Bradshaw + accompagnatore’”.

E sarà che per pagare le Manolo Blahnik io dovrei decidere di non pranzare per almeno tre settimane, o sarà che la mia “City” è abbastanza lontana per usi, costumi e geografie da New York, ma sull’ultimo invito che ho ricevuto c’è scritto: “Per Adele + vari ed eventuali”.

Che faccio, raccatto qualcuno alla bell’e meglio e me lo porto?

O noleggio un cammello dal circo e dico che sull’invito non era specificato il genere degli eventuali?

Oppure indosso una maglietta con scritto “Non sono sola. Il mio fidanzato è imbottigliato nel traffico”.

Carrie Bradshaw, prima di Mr. Big, tutta questa libertà di scelta non l’aveva. Doveva portarsi per forza un “accompagnatore”.





*Sex and the City - Season 2, Episode 7 - The Chicken Dance. (1999, HBO)

domenica 11 aprile 2010

L'insostenubile.

“Dot”.

In Italia ci mettiamo una “t” in più e ne facciamo un ornamento per citofoni e targhette alle porte degli uffici, o una “pericolosa” arma nella scalata sociale, per chi non ha altro da usare per farsi valere.

Nella lingua inglese “dot” è semplicemente un punto. Www dot qualcosa dot com. Dot è un punto fisso che registra un indirizzo, che identifica un dominio e quindi un mondo. Ma è anche il puntino minuscolo che nessuno vede. Ed è anche la parola dopo la quale si guarda in aria, spesso, e si è dimenticato come continua l’indirizzo. “Ah, sì, l’indirizzo del blog di Adele…Adele punto…”

Beh, è Adele punto blogspot punto com. Ovvero Adele dotdot blogspot, dot com.


P.S. Non offenderò l’intelligenza di nessuno spiegando perché insostenUbile e perché ci siano i due punti tra l’insostenubile e la leggerezza dell’essere che proverò a raccontare.

http://www.wikio.it/