martedì 29 maggio 2012

Rialzarsi col Parmigiano caduto

La torre dell'orologio di Finale Emilia
Lo so che è una cosa naturale. Le placche si spostano, si scontrano e il pianeta cambia aspetto. Faccio schifo in geografia, ma fin qui ci arrivo anch'io. Il fatto è che quando ci cammini, ci corri, ti ci sdrai, sulla terra, ti sembra più naturale che lei stia ferma e sia tu a muoverti.
Il terremoto mi terrorizza. È stato durante un terremoto che per la prima volta ho visto davvero la morte in faccia. Capii che non è vero che "vedi tutta la tua vita scorrere come un film"; non solo, almeno. Io, sempre come un film, ho visto la scena della mia morte: abbracciata a uno stipite, sepolta da casa mia assieme al cane. Perché la casa si scuoteva come se volesse scrollarmi via, e non finiva più, e io non sapevo nemmeno se stavo abbracciando il muro giusto, sapete: si fa presto a dire "portanti", ma quando ti balla la casa attorno, l'istinto non sempre funziona. Ti viene addirittura voglia di prendere le scale e uscire, ma poi in un nanosecondo ti ricordi che è sbagliato, e cerchi un tavolo sotto cui ripararti, o un muro, il famoso muro portante, che non dovrebbe crollare, o che comunque dovrebbe farti da riparo qualora crollasse tutto il resto.

E aspetti che passi. E non passa più. Il rumore non assomiglia a nient'altro; non assomiglia a un aereo, né a un tuono, né a una bomba. Se proprio deve somigliare a qualcosa, ricorda il rumore della pancia quando si ha molta fame, ovattato e amplificato milioni di volte. Il suono del ventre della Terra. Senti quel rumore, e alzi subito gli occhi verso un lampadario, che inizia a muoversi, e allora tu corri. E aspetti che passi. E non passa più.
Per giorni, al di là delle scosse d'assestamento vere, continui a sentire la terra muoversi sotto i piedi.
Lo so che è una cosa naturale. So anche che non è il terremoto a uccidere, ma le case costruite male. Io ho paura della terra che si muove sotto i piedi, sì, ma ho molta più paura quando succede mentre sono in una casa che non so come è stata tirata su.
Tante se ne stanno rovinando di case, in questi giorni, in una zona che ai terremoti nemmeno è abituata ("abituarsi" è una parola davvero impropria). Oltre alle case, e alle chiese, si stanno rovinando anche le fabbriche.

Le scalere di Parmigiano Reggiano cadute a causa del terremoto
Tra queste, anche alcuni stabilimenti che producono cibo, come quelli per la stagionatura del Parmigiano Reggiano.
Tra i modi per aiutare le persone colpite dal terremoto c'è anche questo, quindi: comprare il loro cibo, il frutto del loro lavoro, per far sì che abbiano modo di rimettersi in piedi al più presto. Il coordinamento di quest'operazione è affidato a Coldiretti, trovate qui tutte le informazioni.
Sappiate che il Parmigiano può essere usato in tantissime preparazioni (qui una). Oggi, d'impulso, ne ho comprato un bel po', come se potesse all'istante lenire il dolore di qualcuno a centinaia di chilometri di distanza. Se poi avete già una ciotola di formaggio grattugiato in frigo, consumatelo, per comprarne altro. Prendete una bella manciata di Parmigiano Reggiano grattugiato e distribuitela in una padella antiaderente calda, ricoprendone il fondo con uno strato non troppo sottile.
Un mini-cestino di Parmigiano con un assaggio di pasta
Si scioglierà, formando una specie di crespella; prendetela con una spatola (e fate attenzione, perché scotta più dell'interno dei pomodorini del risotto di Fantozzi) e velocemente poggiatela su una ciotola capovolta, ricoprendola del tutto e sagomando bene la crespella (di nuovo: attenzione a non scottarvi!).
Lasciatela lì a raffreddare. Intanto nella stessa padella poggiate della pancetta finché non diventa croccante, e tenetela da parte. E poi, sempre nella stessa padella (ormai ebbra del grasso del formaggio e della pancetta) fate saltare dei pomodorini spaccati in quattro. Nel frattempo avrete cotto dei fusilli, che salterete assieme ai pomodorini. Intanto la crespella di formaggio si è raffreddata: staccatela dalla ciotola. Sì, potete dire "voilà" ad alta voce: avete ottenuto un cestino fatto di formaggio: metteteci dentro la pasta, guarnite con la pancetta croccante e poi mangiatevi pure il cestino.
Mangiando non potrete salvare una vita (a meno che non sia il vostro mestiere, allora mangiando vi terrete in forma per farlo meglio), ma potete contribuire a salvare il lavoro di tante persone.

terremoto@coldiretti.it

domenica 13 maggio 2012

In cucina con Madre

Oggi è la Festa delle Madri, e quindi anche la festa di Madre. È stata lei a insegnarmi a cucinare. Quindi tutti questi post partoriti ai fornelli sono a causa di chi ha partorito me. A ben vedere, anche io stessa sono qui a causa sua. Quindi, sapete con chi prendervela, insomma. Avevo circa otto anni, quando ho imparato a cucinare la prima cosa, e ho capito che mi piaceva farlo. I panini, la crema al mascarpone per il tiramisù, erano cose che facevo anche prima degli otto anni, ma non contavano. Per me cucinare era mettersi ai fornelli e armeggiare in modo misterioso con pentole, padelle, e casseruole. Anche se non sapevo assolutamente la differenza tra pentole, padelle e casseruole.
Così, quando Madre decise che ero abbastanza grande da stare vicino al fuoco con la sua supervisione senza rischiare di dare fuoco a tutta la casa, stabilì che potevo imparare a preparare il risotto coi funghi.
Uno si aspetterebbe qualcosa di più semplice, come un uovo al tegamino, ma forse non tutti sanno che il risotto è più facile di un uovo al tegamino, anche perché non corri il rischio di schizzarti con l'olio caldo. E poi, a pensarci dopo tanti anni, penso che fosse una scelta tattica: ero molto irrequieta, al tempo, e così mettermi ai fornelli a preparare qualcosa come un risotto che va costantemente rimestato e tenuto sott'occhio era un ottimo modo per tenermi buona almeno una mezz'ora. Le madri sono scaltre.
Il brodo lo preparava lei, e preparava insieme a me i funghi trifolati: li facevamo cuocere in padella con un po' di prezzemolo tritato.
Io facevo soffriggere un po' di cipolla tritata in una pentola e poi ci mettevo a tostare il riso. Sfumavo con un po' di vino e, quando era evaporato, aggiungevo un po' di brodo, continuando a mescolare. Quando il brodo si asciugava, ne aggiungevo altro e continuavo a mescolare. Ho scoperto che si poteva anche non mescolare continuamente soltanto dopo una ventina d'anni. Scaltra, Madre, scaltra davvero.
Verso la fine della cottura del riso, aggiungevamo i funghi, portavamo a termine la cottura, e dopo che Madre spegneva il fornello, mantecavo il risotto con un po' di Parmigiano grattugiato.
Così è iniziato tutto.
Da allora ho imparato diverse cose, oltre al fatto che puoi anche non mescolare il risotto per tutto il tempo; tra queste, c'è fare il brodo da sola e trifolare roba per conto mio; ho imparato la differenza tra un risotto normale e uno all'onda, e altre cose che coi risotti non c'entrano. Ma Madre continua a essere fonte d'ispirazione, e non soltanto in cucina.
Così, per questo menu a tema "Madre", ho scelto come secondo l'ultima ricetta che le ho chiesto: quella dei fusi di pollo al pomodoro, perché me li prepara spesso quando torno a trovarla e sono così buoni che ogni volta le chiedo la ricetta, ma sistematicamente la dimentico dopo dieci minuti.
Le telefono qualche giorno fa per chiedergliela di nuovo.
"Ancora?"
"Eh, mi sono dimenticata come si fanno..."
"Ma è facile!"
"E lo so, ma metti che poi sbaglio qualcosa..."
"…"
"Vabbè, mi dici?"
"Allora, prendi i fusi di pollo..."
"Aspetta, ché devo scrivere!"
"..."
"Vai."
Sospira. Ride. Riprende, paziente. "Prendi i fusi di pollo..."
"Le cosce?"
"No! I fusi!"
"Eh, sono tipo cosce, no?"
"Sì, ma devi dire "fusi", se no ti danno un pezzo in più che a te non piace."
"Quindi tu mi stai dicendo che se passa una ragazza con delle belle gambe, per strada, la gente deve dire "Ammazza, che bei fusi"?"
Sospira di nuovo. "Esatto, "Che bei fusi". Scrivi. Fai rosolare i fusi in una padella antiaderente, senza olio, né burro, né niente..."
"Niente?!"
"Eh! Niente! Poi ci metti un po' di spezie, un po' di vino bianco, e fai evaporare…poi ci aggiungi i pomodori pelati, un po' di sale, e fai cuocere per una trentina di minuti a fuoco basso e possibilmente col coperchio."
"E basta?"
"Sì, tutto qua. Lasci a cuocere e non ci pensi più."
Le Madri hanno strani modi per dirti che ormai sei grande e non serve più incatenarti a un continuo rimestare per farti stare buona. E, nonostante questo, è bello sapere che quando hai bisogno di qualcosa, che sia una ricetta o altro, Madre c'è sempre, anche se glielo chiedi per la millesima volta.
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