La libertà
d’espressione è una cosa sacrosanta. Ma è anche vero che ci sono confini che
non vanno superati. Perché se no, signora mia, si perde la bussola. Non è che
siccome puoi fare quello che vuoi, allora puoi spostare Greenwich di un
migliaio di km più a destra. O
disegnare le sopracciglia alla Gioconda con l’UniPosca. O metterti a vendere panzerotti in un fast food.
Non tutti sanno
cosa sia un panzerotto, ma questa è una piccola manifestazione d’apocalisse che
possiamo comprendere e financo limitatamente perdonare, purché vi si rimedi in
fretta.
Il panzerotto (detto in alcuni luoghi
anche panzarotto) non è semplice
cibo. Tecnicamente è un semicerchio di pasta ripieno di pomodoro e mozzarella
(nella sua variante classica) e poi fritto, oppure cotto in forno.
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Monsieur il Panzerotto, preparato dalle amorevoli mani della signora Ammodomio |
Ma il panzerotto
è molto più di questo: è un simbolo. Sono per metà pugliese e per metà campana,
so di cosa parlo. Il panzerotto è amore, è uno scrigno degno delle migliori
pagine di Proust. Quando addenti un panzerotto, vieni sommerso – oltre che
dalla colata lavica del ripieno – dall’essenza del Sud, dalle serate in
compagnia di amici o parenti a guardare le partite dei mondiali, dal ricordo di
quella volta che per ammazzare tutto il dolore niente fu più forte del
fritto, e delle innumerevoli volte
in cui il filo della mozzarella calda è stato il segno tangibile e ustionante
del legame con le persone che ami di più, e dal ricordo della voce di nonna che
ti chiede se lo vuoi con la ricotta o senza, e tu rispondi “Tutt’e due”.
Per questo,
soprattutto, vacillo davanti alla trovata di uno dei più noti fast food del
pianeta, che per discrezione chiameremo Mc
Fonald’s, che ha deciso di mettere sul mercato un abominio dandogli il nome
di Pizzarotto,
deprecabile ibrido tra pizza e panzerotto. Il deprecabile ibrido, stando alle
recensioni, altro non è che una specie di schiacciatina con dentro infilati del
formaggio a pasta filata e salsa di pomodoro random. Senza scendere in dettagli
sulle proprietà gustative dell’oggetto, basta guardarlo per capire che tutto è,
fuorché un panzerotto. O una pizza. O una via di mezzo tra entrambi.
Il panzerotto vero
si impone con la sua statuaria semplicità, il suo nome deriva proprio da
“panza”, quindi è bello rigonfio, ti conquista con la sua bellezza piena e
carica di promesse. Il panzerotto è come Sophia Loren. Non è una soletta gialla
con accidentale contenuto.
Non lo si prepara
tutto eoni prima, tenendolo chissà come in sospensione criogenica e
facendolo rinvenire al momento. Lo si prepara con amore, per l’impasto ci vuole
tempo, e solo all’ultimo si farcisce e si frigge. Lo si prepara così, ad
esempio.
E il panzerotto
vero non lo puoi mangiare seduto ai tavolini di un fast food. È tra le prime
cose che devi imparare quando arrivi a Bari, come si mangia il panzerotto.
Per evitare,
infatti, di essere sommersi dalla succitata colata lavica di ripieno di (vero)
pomodoro e (vera) mozzarella, è importantissimo assumere la posa del panzerotto:
- in piedi
- gambe divaricate quanto l’ampiezza delle proprie spalle
- panzerotto ben impugnato con entrambe le mani e ben avvolto nella sua carta d’ordinanza (non importa che sia oleata o no: col panzerotto tutto diventerà oleato, pure voi)
- schiena protesa in avanti di 20°
- inevitabile conseguente culo a papera
In questo modo
sarete certi di non essere feriti dal ripieno, di godere appieno
dell’esperienza del panzerotto, e soprattutto d’integrarvi perfettamente con
gli autoctoni. Soprattutto se vi lasciate coinvolgere nel consumo del panzerotto al cofano. Il panzerotto al
cofano è il rito secondo il quale si arriva sul posto in macchina, si
parcheggia, si comprano i panzerotti, e si consumano fuori dal locale. Siate
scaltri e non fatevi riconoscere come stranieri: siate pronti e sicuri di voi nel
sistemare il vassoio coi panzerotti sul cofano (perché il calore del motore appena spento li tiene
caldi) e la Peroni d’ordinanza sul tetto della macchina, così si tiene fresca e
l’altare guadagna completezza.
Mc Fonald’s però cerca di farcelo piacere in tutti i modi,
questo scempio. Con delle foto promozionali bellissime. Ma forse a Mc Fonald’s sfugge che chiunque può
fotografare le cose (come stanno) e metterle poi in internet. Giudicate voi.
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A sinistra, una foto promozionale del pizzarotto. A destra, una foto di com'è davvero (grazie all’eroico sacrificio di Scatti di Gusto). |
E, infine,
giudicate un’ultima cosa. Il pizzarotto costa due euro.
Sorbillo, una
delle migliori pizzerie di Napoli (e dunque una delle migliori pizzerie del
mondo), fa pagare un autentico, pienissimo, lussurioso calzone (bello grande) quattro euro.
E Cibò, uno dei
punti di riferimento del panzerotto barese, fa pagare un perfetto panzerotto
fritto tra 1 euro e 1 euro e 50.
Voi, con cinque
euro in tasca, cosa fareste?
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(Le mie amiche già lo sanno) (ph. Simona Ardito) |
Pulitzer.
RispondiEliminaAdesso.
Panzerottitzer! Subito! ^__^
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