“I don’t like mondays”…si fa presto a dire che il lunedì è brutto. Ci si deve alzare presto dopo un paio di giorni di sonno extra, si devono di nuovo affrontare il lavoro (o l’università) e tutte le grane quotidiane che sembrano sospese nel weekend. Quasi odiamo l’immagine di noi stessi che andiamo via dall’ufficio venerdì, tutti sorridenti. Diciamo a quell’immagine: “Che cacchio ridi! Ora devo fare io il lavoro che tu hai lasciato in sospeso venerdì!”.
“I don’t like mondays”: hai scoperto l’acqua calda, Bob.
Della domenica pomeriggio, invece, si parla poco.
Tutto scorre più o meno tranquillamente fino a poco dopo il pranzo: d’altra parte, è un po’ difficile deprimersi davanti al ragù. Ma dopo, mentre Massimo Giletti sciorina una perla di buonismo a caso, Barbara D’Urso inarca le sopracciglia in una “v” rovesciata di michelangiolesca pietà catodica e Simona Ventura cerca di essere espressiva nonostante il botox, allora tutto lentamente cala. Indipendentemente dalla tv, tramonta il sole sul giubilo del weekend.
Se è stato tutto piacevole, allora di domenica pomeriggio arriva – spesso accompagnato dal sonoro “gong” di un’emicrania – il pensiero di ciò che c’è da fare l’indomani (e vorremmo proprio ucciderla, l’immagine di noi stessi che venerdì diciamo “ma sì, questo lo finisco lunedì”); la sensazione che si prova facendo i bagagli alla fine di una bella vacanza, ecco.
Se invece il weekend è andato male, iniziamo a deprimerci per tutto quello che è andato storto, per le cose che non siamo riusciti a fare e che ora è troppo tardi per fare: il tutto, spesso, accompagnato dal sonoro “gong” di un’emicrania.
Insomma, che sia andata bene o male, non c’è scampo da questa patina di tristezza e dal sonoro “gong” dell’emicrania.
Il rimuginare su quanto accaduto (nel bene e nel male) durante il weekend e i pensieri su tutto quello a cui abbiamo detto “ciao ciao” il venerdì, si mescolano in un pasticcio fatale, che toglie il buonumore.
Cerchiamo di far qualcosa comunque: cinema, birra, libri…ma continuiamo a pensare “non è come dovrebbe essere”.
Recenti studi hanno proposto soluzioni a questa piaga dell’umanità.
L’invenzione del “domedì”, una specie di area di decompressione tra la domenica e il lunedì, che permetta di non esser travolti dal pensiero della nuova settimana, in modo che non ci si rovini la domenica.
O un sistema di letargo, che ci faccia andare a letto per la pennichella post-prandiale di domenica e ci faccia risvegliare senza preavviso il lunedì, costringendoci ad affrontare tutto di petto, senza aver modo di rattristarci prima.
O ancora un sistema di repliche. Di domenica pomeriggio si potrebbe replicare l’aria di leggerezza e buonumore del sabato.
In attesa che la scienza si occupi di questa serissima questione, non ci resta che stringere i denti e resistere fino al prossimo venerdì, magari lasciando un po’ meno cose da fare in sospeso, per amore di quell’io del lunedì, già tanto provato dalla patina di tristezza della domenica…e dal sonoro “gong” dell’emicrania, ovviamente.
lunedì 15 novembre 2010
Domenica è sempre domenica
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